martedì 25 settembre 2012

Per Banca D’Italia calo di produttività e innovazione sono collegati….vediamo come

A conferma di quanto scrivo da anni, la Banca d’Italia in questo report denominato “Il gap innovativo del sistema produttivo italiano: radici e possibili rimedi”, offre spunti interessanti, anche se ormai noti.

Cito parte del sommario introduttivo perché qui si evidenziano già molti aspetti che congiuntamente creano il gap di produttività:

“Il ritardo dell’Italia nell’attività innovativa rispetto ai principali paesi industriali risente della frammentazione del sistema produttivo in molte piccole imprese che hanno difficoltà a sostenere i costi elevati insiti nella ricerca e sviluppo e ad assumersene i rischi. Vi si sommano carenze di capitale umano nelle funzioni manageriali e di ricerca e un’eccessiva flessibilità dei rapporti di lavoro che riduce l’incentivo a investire in attività di formazione.”

Frammentazione del sistema produttivo: il tessuto delle aziende è decisamente padronale e spesso famigliare. Molte sono anche grandi ma mantengono una decisa impronta feudale nella gestione, per cui lo spazio dato ai manager, professionisti nella gestione dell’impresa, è minima se non nulla. Le aziende non crescono perché hanno difficoltà a gestire i costi della forza lavoro, quindi mantengono la flessibilità non creando affiliazione, e questo impedisce anche la crescita culturale dell’azienda stessa attraverso le sue persone.

Secondo la definizione proposta dall’OECD nel Manuale di Oslo (OECD, 2005) e adottata dall’Eurostat nella European Community Innovation Survey (CIS), l’innovazione va distinta tra innovazione di prodotto, di processo, di marketing e organizzativa. Il report in realtà fa riferimento solo al tema della ricerca e sviluppo, gli spunti però sono riferibili anche agli altri aspetti dell’innovazione.

Specializzazione settoriale: Nel caso dell’Italia, il ritardo innovativo rispetto agli altri principali paesi europei è imputabile, in parte, a una specializzazione settoriale sbilanciata verso produzioni tradizionali a basso contenuto tecnologico.

La dimensione dell’impresa: Nell’indagine Istat (2010) la probabilità di presenza di un sito web, l’intensità di utilizzo della rete, la diffusione di applicazioni software gestionali avanzate (ERP e CRM), il ricorso agli acquisti e alle vendite on-line crescono all’aumentare della dimensione di impresa. In Italia la dimensione media di impresa è di circa 4 addetti, un dato inferiore non solo alla Germania (13,3) e al Regno Unito (11,1), ma anche alla Francia (5,8) e alla Spagna (5,3). Si tratta di un dato strutturale che non dipende, se non in minima parte, dalla composizione settoriale dell’attività produttiva: come evidenziato nella tavola 7, il nostro paese presenta una dimensione
media inferiore a quella delle altre principali economie europee in quasi tutti i settori manifatturieri. Come mostrato in Banca d’Italia (2010b), lo scarto dimensionale complessivo delle imprese italiane
rispetto alla media della UE-15 è attribuibile quasi esclusivamente alle differenze nella dimensione all’interno dei settori.

Struttura proprietaria e manageriale dell’impresa: Appare plausibile l’ipotesi che le imprese familiari presentino in media un maggiore livello di avversione al rischio, quale conseguenza della sostanziale coincidenza tra patrimonio familiare e di impresa, con effetti negativi su crescita, investimenti, internazionalizzazione e innovazione. Le imprese familiari tendono ad avere una minore propensione a ricorrere a management esterno, anche quando scarseggiano le risorse manageriali all’interno della famiglia proprietaria. Queste caratteristiche, poco penalizzanti in periodi di crescita stabile e regolare, possono costituire uno svantaggio più rilevante quando il sistema economico è soggetto a shock esterni e richiede una forte capacità di innovazione e rinnovamento. Secondo i dati del campione EFIGE, le imprese italiane che fanno capo a una famiglia proprietaria sono l’86 per cento, un dato superiore a quello che si registra in Francia (80 per cento), in Spagna (83) e nel Regno Unito (81), inferiore a quello tedesco (90 per cento). Tra queste imprese, quelle che hanno un amministratore delegato appartenente alla famiglia sono oltre l’80 per cento in Italia e in Germania.

La peculiarità italiana diventa evidente quando si isolano le imprese familiari in cui tutto il management è espressione della famiglia proprietaria: queste sono due terzi in Italia, contro un terzo in Spagna, circa un quarto in Francia e in Germania, soltanto il 10 per cento nel Regno Unito. Per quanto riguarda le pratiche manageriali, l’Italia presenta la percentuale più alta di imprese a gestione “accentrata” (85 per cento) e quella più bassa di imprese che utilizzano sistemi di remunerazione individuale incentivanti (16 per cento).

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La qualità della forza lavoro: sul complesso delle imprese manifatturiere, e prescindendo dalla specializzazione settoriale, l’Italia è, anche per questo indicatore, il paese maggiormente in ritardo con una quota media di laureati pari al 6,5 per cento, 2 punti percentuali in
meno rispetto alla Francia e al Regno Unito, 4 rispetto alla Spagna e quasi 5 rispetto alla Germania.

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In sintesi

La ridotta dimensione aziendale, una struttura manageriale molto incentrata sulla famiglia proprietaria, l’adozione di pratiche gestionali che lasciano relativamente poco spazio alla delega e all’autonomia decisionale, un basso livello di capitale umano sono caratteristiche del sistema produttivo italiano che si associano a una bassa propensione all’innovazione.

Si però come se ne esce? Fin qui la diagnosi e le cause, ma la cura quale potrebbe essere? se ci fosse?

Il report nella seconda parte tratta delle azioni che si dovrebbero attuare per superare il gap descritto, che vanno da azioni sul mercato del lavoro, al sistema finanziario, passando per l’istruzione e la pubblica amministrazione. Lascio a voi la lettura, non credo però che vedremo significativi cambiamenti nei prossimi anni, considerando l’ampiezza delle azioni.

E’ fondamentale però che gli imprenditori prendano coscienza dei problemi presentati e cerchino di superarli nella propria azienda per creare un ambiente produttivo ed innovativo, quindi dalla diagnosi si traggono i veri insegnamenti. Dobbiamo chiederci, la mia azienda è strutturata per innovare?, ha il giusto DNA?, ha le persone e l’organizzazione giusta? e la Formazione? Parliamone….

www.netmanagers.it

lunedì 24 settembre 2012

La formazione tecnica salva le aziende!!

Ogni periodo di crisi è un momento di cambiamento e ogni cambiamento passa prima di tutto attraverso una riqualificazione delle competenze aziendali.

I livelli bassi di produttività che hanno le aziende italiane pagano lo scotto della mancata innovazione tecnologica, ma la stessa innovazione non è possibile se non si investe nelle competenze adeguate.

Tutti utilizzano strumenti di Microsoft per la produttività e il 2012 /13 sono anni di profondo cambiamento anche per i prodotti di questo controverso fornitore di produttività per le organizzazioni. Da Windows 8 a Office  e SharePoint 2013, il panorama delle opportunità di miglioramento anche per le aziende italiane è enorme.

Le competenze però devono essere adeguate all’utilizzo di questi nuovi strumenti. Da qualche anno i principali appuntamenti di studio delle nuove tecnologie di Microsoft passano attraverso le conferenze tecniche e www.technicalconferences.it è il principale organizzatore di queste conferenze.

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Sotto questo marchio si nascondono piccole società di super specialisti che investono almeno il 50% del proprio tempo nell’aggiornamento continuo delle proprie competenze e hanno creato una rete di esperti italiani e internazionali molto vicini a Microsoft e di Microsoft stessa.

Questi super consulenti, lavorano in progetti direttamente con Microsoft o per risolvere i problemi più complessi con i partner di Microsoft per permettere ai clienti di utilizzare al meglio la tecnologia acquistata e aumentare la produttività dei propri processi di business.

Ogni anno le loro competenze sono messe a disposizione attraverso il modello delle conferenze a pagamento che garantiscono un livello di qualità nella formazione unico nel panorama italiano e si collocano nel panorama internazionale delle conferenze tecniche specialistiche.

Partecipare a queste conferenze è per il personale tecnico delle aziende una opportunità di formazione importante e anche una occasione di networking e di conoscenza di pratiche e realizzazioni internazionali interessanti.

Nei prossimi mesi le conferenze saranno tante:

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Ognuna di queste con una caratterizzazione forte sui prodotti di competenza. Ad esempio la prima: Windows Developer Conference sarà dedicata a Windows 8 appena uscito e permetterà di imparare a realizzare soluzioni su questo rivoluzionario sistema operativo.

Io credo che le aziende che vogliono combattere veramente la crisi lo possano fare solamente innovando sui processi di produttività perché solo riducendo il costo di questi processi si possono avere ancora oggi i margini adeguati per crescere in un mondo che sarà diviso i due: da una parte le aziende che producono lusso, hanno pochi clienti e prodotti con prezzi alti perché unici e apprezzati dalle persone più facoltose; dall’altra le aziende che producono prodotti di  qualità adeguata con costi più bassi di altri e possono permettersi di vendere “low cost” .

Sta scomparendo infatti il consumatore della classe media, o meglio si sta ricollocando nelle altre classi, o decisamente benestante o molto attento al budget familiare.

Per sapere di più sulle conferenze di formazione tecnica contattatemi silviof@netmanagers.it

martedì 11 settembre 2012

La formazione tecnica salva le aziende!!

Ogni periodo di crisi è un momento di cambiamento e ogni cambiamento passa prima di tutto attraverso una riqualificazione delle competenze aziendali.

I livelli bassi di produttività che hanno le aziende italiane pagano lo scotto della mancata innovazione tecnologica, ma la stessa innovazione non è possibile se non si investe nelle competenze adeguate.

Tutti utilizzano strumenti di Microsoft per la produttività e il 2012 /13 sono anni di profondo cambiamento anche per i prodotti di questo controverso fornitore di produttività per le organizzazioni. Da Windows 8 a Office  e SharePoint 2013, il panorama delle opportunità di miglioramento anche per le aziende italiane è enorme.

Le competenze però devono essere adeguate all’utilizzo di questi nuovi strumenti. Da qualche anno i principali appuntamenti di studio delle nuove tecnologie di Microsoft passano attraverso le conferenze tecniche e www.technicalconferences.it è il principale organizzatore di queste conferenze.

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Sotto questo marchio si nascondono piccole società di super specialisti che investono almeno il 50% del proprio tempo nell’aggiornamento continuo delle proprie competenze e hanno creato una rete di esperti italiani e internazionali molto vicini a Microsoft e di Microsoft stessa.

Questi super consulenti, lavorano in progetti direttamente con Microsoft o per risolvere i problemi più complessi con i partner di Microsoft per permettere ai clienti di utilizzare al meglio la tecnologia acquistata e aumentare la produttività dei propri processi di business.

Ogni anno le loro competenze sono messe a disposizione attraverso il modello delle conferenze a pagamento che garantiscono un livello di qualità nella formazione unico nel panorama italiano e si collocano nel panorama internazionale delle conferenze tecniche specialistiche.

Partecipare a queste conferenze è per il personale tecnico delle aziende una opportunità di formazione importante e anche una occasione di networking e di conoscenza di pratiche e realizzazioni internazionali interessanti.

Nei prossimi mesi le conferenze saranno tante:

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Ognuna di queste con una caratterizzazione forte sui prodotti di competenza. Ad esempio la prima: Windows Developer Conference sarà dedicata a Windows 8 appena uscito e permetterà di imparare a realizzare soluzioni su questo rivoluzionario sistema operativo.

Io credo che le aziende che vogliono combattere veramente la crisi lo possano fare solamente innovando sui processi di produttività perché solo riducendo il costo di questi processi si possono avere ancora oggi i margini adeguati per crescere in un mondo che sarà diviso i due: da una parte le aziende che producono lusso, hanno pochi clienti e prodotti con prezzi alti perché unici e apprezzati dalle persone più facoltose; dall’altra le aziende che producono prodotti di  qualità adeguata con costi più bassi di altri e possono permettersi di vendere “low cost” .

Sta scomparendo infatti il consumatore della classe media, o meglio si sta ricollocando nelle altre classi, o decisamente benestante o molto attento al budget familiare.

Per sapere di più sulle conferenze di formazione tecnica contattatemi silviof@netmanagers.it

lunedì 10 settembre 2012

Il lavoro c’è se cambiano le competenze

Nel mondo Linkedin ha estrapolato i dati sull’occupazione per rivelare che in percentuale la crescita ha premiato soprattutto l’industria delle energie rinnovabili, in aumento del 49,2%, Internet del 24,6%, l’online publishing del 24,3% e l’e-learning del 15,9%. Dall’altra parte del grafico, preceduti dal segno negativo, ci sono i quotidiani (-28,4%), seguiti dal retail che cala del 15,5%, i materiali da costruzioni che scendono del 14,2% e l’automotive sotto del 12,8%. Management consulting, medical device, computer games hanno linee di crescita che puntano con decisione verso l’alto.

Interessante anche questo articolo del Sole 24 Ore che cita da una ricerca di IDC (scaricabile) 80.000 posti di lavoro in Italia e 13,8 Milioni nel mondo grazie al Cloud Computing entro il 2015. In quanto a distribuzione invece le PMI superano le grandi aziende questa volta.

In effetti il Cloud Computing è solo una delle aree dove le competenze si focalizzeranno nel futuro, ma tutto il mondo digitale sta portando ad una riconversione di competenze importante e necessaria dopo ogni crisi.

Il problema è che queste crisi nessuno la voleva ma sono inevitabilmente collegate al modello di crescita che la nostra economia ci impone. E la nostra economia è nata da teorie graficoche sono intrinsecamente sbagliate perché “forzano” crescita continua basata sul consumismo, mentre altre teorie non prevalenti ma molto più “umane” considerano che le necessità importanti da soddisfare non sono solo la creazione di ricchezza e benessere economico ma anche gli aspetti interiori dell’uomo, quindi rispetto alle montagne russe in cui viviamo prediligono un modello economico sostenibile con i ritmi della natura.

Per approfondire il tema dei ritmi temporali è da leggere il libro “Le guerre del Tempo” di Jeremy Rifkin. Invece per capire meglio la dinamica di quello che sta succedendo anche nel mondo del lavoro bisognerebbe avere avuto la fortuna di leggere un articolo apparso 2 anni fa, un po’ prima della crisi su  www.usemlab.com che dava presagi funesti già nel 2007 e non ha mai sbagliato nelle previsioni macroeconomiche anche perché si basa su un modello molto più attuale, anche se nato ai primi del 1.900 dalla scuola austriaca, di quello Keynesiano post 1929 che viene ancora insegnato nelle università di economia.

Provo a descrivervi cosa sta succedendo sulle competenze come lo aveva descritto il sito con “l’esempio del sushi”.ludwig_von_mises_t_shirt-p235989116229068331zjmwv_400

“….immaginiamo di essere su un isola tropicale in cui 100 indigeni vivono in perfetto equilibrio economico da secoli, lavorando il numero giusto di ore la settimana e godendosi il paesaggio, la famiglia e le relazioni. Gli indigeni vivono con il ritmo della natura, mangiano tutti ad esempio 5 sushi al giorno e ognuno partecipa alla produzione del cibo, ognuno si procura nel tempo libero quello che serve per la casa dalle ricchezze naturali dell’isola. Quindi le competenze sono cos’ distribuite mediamente 25 persone pescano con barche con le vele auriche come ancora oggi capita i quei paesi, 25 fanno manutenzione delle barche e le sostituiscono per usura, 25 coltivano il riso, 25 tagliano il pesce e preparano il sushi. Tutti vivono in armonia finché fa naufragio sull’isola sperduta un economista, portando con se una barca a motore. Sopponiamo che la lingua non sia un problema, e l’economista parlando con le persone le convinca che esiste la possibilità di migliorare la loro vita e la quantità di cibo utilizzando la barca a motore invece delle vele. Insegna a produrre benzina con etanolo e cominciando ad usare la barca a motore i pescatori sono più efficienti, aumenta la disponibilità di pesce così aumenta anche quella del riso e quelli che producono il sushi ne producono di più. Quelli che facevano manutenzione alle barche imparano a gestire e riparare per piccoli guasti il motore e produrre benzina da etanolo. Tutti ora sono più ricchi, mangiano 6 sushi al giorno poi 7 sushi al giorno e hanno sempre meno tempo da dedicare a se stessi ed ai propri effetti. L’economista poi senza fare niente riceve anch’esso 7 sushi al giorno per l’idea. Tutto va bene e la crescita di produzione è continua…finché dopo un po’  di anni nessuno sa più come si costruiscono e si riparano le vele , mentre il motore è tenuto bene perché è un valore importante per la comunità. Un bel giorno il motore si rompe irreparabilmente e mancando i ricambi….non si può più pescare, nessuno sa più costruire le vele, ripararle o navigare a vela. Da 7 sushi al giorno si passa rapidamente al razionamento del cibo, procurato con le poche barche ancora funzionanti e da poche persone anziane in grado di usarle…è la crisi, ci vuole un po’ di tempo in cui tutti mangiano meno di 4 sushi al giorno per trasferire le competenze e riequilibrarle in modo che si ritorni dalla pesca a motore a quella a vela ed il processo porta dopo anni la situazione alla stabilità precedente...."  Ovviamente potete immaginare che fine hanno fatto fare all’economista.

La morale della storia è questa: gli economisti, i governi, le banche dell’era industriale hanno per anni incitato alla crescita continua ed oggi stiamo pagando i conti, per avere modificato competenze stili di vita con il consumismo dei beni che allontana l’uomo dai ritmi della natura. La crescita continua non esiste, non sta scritto che il PIL e la ricchezza devono sempre crescere, sarebbe molto meglio la stabilità ma la ricchezza distribuita.

libroNon è una teoria che parte dal comunismo anzi è esattamente l’opposto, è la teoria del capitalismo liberista non governato da governi e banche centrali con la stampa della moneta e la gestione dei tassi di interesse….trovate tutto su www.usemlab.com

Quello che interessa qui è il concetto di cambio di competenze. Sia nel caso di evoluzione tecnologica che di regressione eventuale. Più velocemente si trasmettono le competenze, si creano nuovi mestieri o si riprendono mestieri antichi più in fretta si reagisce alla crisi e si ristabilisce un equilibrio economico, sperando che oggi le persone abbiano compreso che la crescita “drogata” dalle banche con i tassi di interesse e dalla stampa della moneta per favorire i governi (in primis gli USA) ha solo creato disastri.